Sabato 18 Novembre 2023. Ennesimo femminicidio. Questa volta si tratta di una brillante ragazza di 22 anni, Giulia Cecchettin. Si sarebbe dovuta laureare due giorni prima del suo assassinio.

Da genitore di un figlio maschio di 9 anni, da coach di adolescenti, formatore e soprattutto da educatore, so bene che la rabbia, l’indignazione e le varie prese di posizione da social bar (come per esempio l’invito a non parlarne più), servono solo a far scivolare nell’oblio l’ennesimo grande segnale di fallimento del sistema sociale, culturale, educativo.

Un fallimento di cui siamo tutti responsabili, nel senso che dobbiamo riconoscere che questa generazione di adolescenti, altrimenti detta “generazione zero”, richiede competenze specifiche, rispetto alle quali il nostro livello di preparazione è pari a zero.

Mi riferisco, tanto per intenderci all’intelligenza emotiva. Ricordo che molti anni fa quando la proposi a un team di adulti, in ambito aziendale, qualcuno si insospettì a tal punto da definire “un ossimoro” questo concetto (si tratta in realtà di una ricerca divenuta metodo educativo che ha rivoluzionato il mondo della psicologia grazie a Daniel Goleman).

Noi siamo essere emotivi che razionalizzano e non viceversa. Primo grande paradosso. Nella nostra culturale occidentale tutto è razionale. Ai nostri maschietti, quando stanno per entrare nell’età adolescenziale (dagli undici anni) e si lasciano andare a pianti (per noi incomprensibili), cosa ripetiamo con insistenza?

NON PIANGERE. CHE PIANGI? MICA SEI PIU’ UN BAMBINO.

O alle prime delusioni amorose, difficoltà relazionali, esigenze di essere ascoltati con il cuore, come rispondiamo?

E’ bene ricordare che RESPONSABILITA’ significa utilizzare una specifica abilità per educare.

Rileggendo le parole di Elena Cecchettin, sorella di Giulia e soprattutto quelle della madre del mostro (ex fidanzato di Giulia), credo sia arrivato il momento di puntare forte su questa competenza: L’Intelligenza emotiva. 

Dichiara Elena Cecchettin al Messaggero

Filippo diceva sempre a Giulia che doveva rimandare la laurea, che doveva aspettarlo. Voleva che studiassero insieme e questo a mia sorella stava cominciando a pesare. Io penso che Filippo fosse dipendente da lei, che si sentisse molto solo e che vedesse in mia sorella la sua unica fonte di gioia nella vita. Ma devi saper creare tu gioia nella tua vita: e Giulia sapeva gioire anche delle piccole cose. Lui sapeva di avere dei problemi ma non voleva guarire, non cercava aiuto, non voleva stare meglio. Le aveva detto che si sarebbe ucciso se lei lo avesse lasciato o avesse smesso di essere sua amica. La teneva in scacco emotivamente.

E ancora:

Io sono convinta che una parte di colpa ce l’abbia anche questa società. Molti uomini, fin da quando sono bambini, vengono trattati con le pinze, non vengono responsabilizzati anche dal punto di vista emotivo a saper accettare un no e a chiedere aiuto.

Ho letto e riletto queste parole della sorella di Giulia e invito chiunque legga a fare altrettanto. Descrivono una realtà in modo lucido, preciso e ahimè che ci coinvolge tutti. Ma, allo stesso modo, suggeriscono la via da seguire: “Devi saper creare GIOIA… Saper gioire delle piccole cose… Molti uomini quando sono bambini vengono trattati con le pinze, non vengono responsabilizzati emotivamente…

Che si riferisca, soprattutto, alla mamma del mostro ci sono pochi dubbi. La stessa madre, prima che il corpo di Giulia venisse ritrovato aveva dichiarato:

Mio figlio a volte era un po’ possessivo, ma non in modo patologico, come lo descrivono. Era geloso come lo sono i ragazzi a quell’età, non in modo da farci allarmare, insomma.
Soffriamo molto nel vederlo dipingere come una persona aggressiva. Facciamo fatica a credere che lui abbia fatto del male a Giulia, non è davvero possibile. Nostro figlio è un buono.
Fermiamoci un attimo. Riflettiamo e pianifichiamo azioni concrete. In casa, a scuola, in campo, nelle palestre in ogni contesto in cui un educatore può e deve sensibilizzare i ragazzi. Prima però formiamoci bene.
daniele maiorana

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