Talento o figlio di papà? Perché il calcio ha bisogno di meritocrazia e mental coaching. Il recente servizio de Le Iene, intitolato “Talento o figlio di papà?” ha riportato al centro dell’attenzione un problema che molti nel calcio giovanile conoscono fin troppo bene: ci sono genitori che pagano per far giocare i propri figli, aggirando merito, talento e giustizia sportiva. 

Un’accusa pesante, che ha coinvolto anche nomi noti come quello di Salvatore Bagni, ex nazionale e calciatore di Serie A di squadre blasonate.

Ma al di là delle singole persone, il messaggio è chiaro: c’è chi cerca scorciatoie nel calcio, e chi lavora duro nel silenzio.

Talento o Figlio di Papà? Il talento non ha bisogno di spinte.

Nel mio lavoro quotidiano con giovani atleti, ho imparato una cosa: il talento non urla, si fa strada col tempo, con il lavoro, con la testa giusta.

Due esempi concreti.

Il primo è un giovane portiere che due anni fa è arrivato da me facendo panchina, deluso e demotivato. Non aveva “santi in paradiso”, ma aveva voglia di emergere. Oggi si allena con la prima squadra di Serie A. Nessun pagamento, nessuna spinta. Solo talento, impegno, e un percorso mentale strutturato per rafforzare sicurezza, visione e reazione all’errore.

Il secondo è un giovane calciatore che, dopo anni di sacrifici in Sicilia – dove spesso si vedeva superato da “raccomandati” – ha finalmente firmato con una squadra professionistica del Nord Italia. Anche in questo caso, il suo valore ha parlato da solo, quando ha imparato a crederci davvero.

Il mental coaching, sia ben chiaro non è magia. Non promette titolarità, contratti o convocazioni. Ma aiuta il giovane atleta a sviluppare ciò che nessuno può comprare: l’autoefficacia, la resilienza, la mentalità vincente.

Quando un ragazzo smette di chiedersi “Perché non scelgono me?” e inizia a chiedersi “Cosa posso migliorare oggi?”, allora sta diventando un vero atleta.

La riflessione suggerita a genitori, allenatori e dirigenti.

Il calcio italiano ha bisogno di verità, non di illusioni. Ha bisogno di chi sostiene i giovani, non chi li protegge da ogni fatica. Di chi li guida, non chi li spinge avanti a tutti i costi.

Il talento, prima o poi, viene fuori. Ma ha bisogno di tempo, fiducia e lavoro. Ha bisogno di un ambiente che non lo soffochi con favoritismi, ma lo aiuti a crescere.

In conclusione

Il messaggio per i ragazzi è questo: non fatevi ingannare dalle scorciatoie. Il vostro valore non si compra. Si costruisce. E se ci credete, potete davvero farcela. Perché la differenza, alla fine, la fa sempre la mentalità.

daniele

One thought on “Talento o figlio di papà? Perché il calcio ha bisogno di meritocrazia e mental coaching

  1. C’è sempre stato nel calcio questo tipo di situazione, è un bel po’ di tempo che la situazione è sprofondata con questi ( bravi personaggi), lo sanno tutti ma nessuno ha avuto mai il coraggio di esternarlo, chi lo ha fatto ha avuto il coraggio e sa di non aver niente da perdere, altrimenti non sarebbe uscito nulla.

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