Il giorno più bello della settimana per me è questo. Il giorno in cui pubblico tutto ciò che mi si smuove da dentro e si trasforma in parole. In una parola: emozioni.

Sottotitolo in tinte di rosa di questa rubrica sull’autostima al femminile. Emozioni. Le stesse che fino a ieri l’altro amavo distinguere in positive e negative, dilettandomi a disquisire, tra una citazione di Goleman e l’altra di Seligman, sull’effetto che fanno.

Emozioni positive e negative? Niente affatto. Tutto dipende da come le vivi e le trasformi, tessendole in una sorta di nuova e sorprendente percezione. Durante la settimana, mi capita di leggere le rubriche precedenti sull’autostima al femminile e tutte le volte mi emoziono. Ogni blog/intervista è una testimonianza, una fotografia di vita vissuta. Ogni foto sa di vita in divenire. Tutto è in continua evoluzione, me lo insegnano proprio loro, le donne che si raccontano. Per loro non esiste la differenza tra emozione positiva e negativa, per loro esiste solo l’emozione. Tutto si trasforma e ciò che rende positivo o negativo è solo la nostra predisposizione a vivre quello che succede dentro e fuori di noi. Ogni settimana una donna straordinaria lascia su questa rubrica uno stralcio di vita, un bel pezzo di cronaca rosa in blog. Oggi, una bellissima variante sul tema, la cronaca racconta se stessa sotto forma di storia. E che storia. Le Nozze d’oro con lo sport. Elena Avellone, protagonista di questa blog/intervista, quest’anno festeggia cinquant’anni d’amore incondizionato, sempre nuovo, con lo sport. Elena è un’atleta straordinaria, talento incredibile ma soprattutto grande, grandissima donna.
Delegata per la Provincia di Trapani del CONI, Referente Nazionale della Commissione “Donna e Sport” del Distretto Italia del Panathlon e come lei stessa si definisce “casalinga quanto basta per vivere i ruoli familiari per me fondamentali”. Tra i vari successi, nel 1973, medaglia d’argento ai Giochi della Gioventù in Roma con la Velo trapani da playmaker di valore. Nel 1975 esordisce nel Campionato di serie B a 15 anni. Nel 1976 il risultato più prestigioso con Alberto Cardella: vice campioni d’Italia Juniores. Atleta di successo ma anche donna di grande sensibilità e spessore culturale. Nel 1989 viene data alle stampe la pubblicazione da lei curata: “Il ciclismo trapanese … pedalando nel tempo”, edita dal CONI Provinciale. Pubblica numerosi articoli sulla rivista CONI news. Nel 2001 riceve la Stella di Bronzo al merito sportivo. Da atleta a panathleta, è sempre in prima linea, sempre in gioco, impegnata a trasmettere i valori dello sport.

BLOG/INTERVISTA CON ELENA AVELLONE

D. Qual è il tuo valore aggiunto grazie al quale riesci a essere sempre in prima linea?
R. Il privilegio di essere sportivi. Una qualità che prevede naturalmente il mettersi continuamente in gioco, nelle varie età della vita e nei diversi ruoli che rivesti in famiglia e nella società. Sono sempre in gioco perché scelgo di partecipare, di lottare in prima linea e non fuggire rispetto alle sfide che la vita mi pone.

D. Hai versato più lacrime, sudore e fatica nelle palestre o nella vita di tutti i giorni?
R. Le lacrime le ho versate solo per le grandi perdite della mia vita, mai per una sconfitta decretata su un campo di gioco, ma continuo a commuovermi quando si intona l’inno di Mameli per una medaglia alle Olimpiadi o solo per un semplice gesto, un solo sguardo dove posso ancora riconoscere nell’altro i valori condivisi dello sport. I sudori e le fatiche si sono invece equamente distribuiti in palestra e nella vita: in entrambi i casi mi hanno dato la possibilità di vederne i risultati sapendo di poter contare su me stessa e sul contributo delle “squadre” di cui ho sempre fatto parte.

D. Secondo te le modalità maschili e femminili come possano integrarsi nell’ottica di una nuova cultura del vivere comune?
R. Il valore primario dei processi di integrazione è sicuramente il rispetto della persona e della sua unicità. Le modalità maschili e/o femminili rappresentano un valore aggiunto da cui ciascuno può trarre un positivo arricchimento. Superare gli stereotipi ed i pregiudizi di genere, rappresenta, purtroppo, ancora oggi, un obiettivo culturale da raggiungere. Se comprenderemo che l’altro diverso da me è una risorsa, non un limite, sicuramente avremo imboccato la strada giusta!

D. Per seguire questo sentiero, da numero uno del CONI in provincia di Trapani, hai strategie, idee, progetti o degli obiettivi specifici da realizzare?
R. Premetto che per me, essere il numero uno significa avere uno sguardo costante verso gli “ultimi” e cercare di essere un punto di riferimento per tutti.
Essere “in gioco” come Delegata CONI mi conferisce quindi una connotazione di servizio, di guida ed orientamento per ottimizzare le politiche sportive sul territorio. Non saranno applicate strategie individuali, ma convergenze di intenti ed azioni di persone che, a vario titolo e per quello che rappresentano nelle Istituzioni locali, possano contribuire alla promozione dei valori dello sport.

D. Qual è il sogno di Elena da delegata CONI, coincide con quello personale?
R. Come Delegata, spero di poter parzialmente emulare l’impegno profuso dai miei due illustri predecessori, il Cavaliere Giacomino Basciano e l’altrettanto grande Presidente del CONI di Trapani, Cecè Castelli. Il loro esempio di vita per lo sport è per me un modello da riproporre nel mio operato, anche se, per alcuni aspetti, da rivisitare, alla luce dei tempi e delle nuove attribuzioni che si danno al mondo dello sport.
I miei sogni personali si condensano nella speranza che altri, meno fortunati di me, possano vivere realmente i propri al loro risveglio. I sogni sono dolci fughe dalla realtà ed io, come ho detto prima, non amo la fuga, preferisco destarmi e ricominciare ogni giorno quel duro allenamento che mi consentirà di partecipare a nuovi “giochi” che la vita mi riserverà.

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